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La balotta di V/H/S presenta: Southbound

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southbound-poster-alternateUn altro film horror antologico. L’avreste mai detto? Ormai con l’horror si fa quello: se non si ha un’idea buona da soli si prova a tirarne fuori cinque in dieci e vedere se esce mezza decente. Credo sia una legge matematica basata sulle probabilità nell’universo, ma pure una legge fantomatica basata sul non averne voglia. Il cortometraggio è comodo e pure un po’ paraculo, spesso usato per tirare fuori un’idea senza mai elaborarla o comunque farne qualcosa di buono che vada oltre il “figo” e verso “me ne ricorderò anche domani”. Motivo per cui di Safe Haven per ora ne abbiamo avuto solo uno e V/H/S: Viral faceva schifo al cazzo.
Southbound nasce da diverse teste coinvolte nel primo V/H/S: il collettivo Radio Silence, che girò il corto dei regaz ad Halloween con un sacco di effetti speciali carinissimi ma pure quella ciofeca di Devil’s Due (in realtà firmato da solo due del collettivo, per quello si chiama così – ahaha che ridere), David Bruckner, che ne usciva da Signal, girò il corto con la tizia mostro e sarà il regista del prossimo reboot/capitolo/boh di Venerdì 13, e Roxanne Benjamin, produttrice qui alla prese con la sua prima regia. A ‘sta gente si aggiunge Patrick Horvath, che non so chi sia e non credo sia importante.
L’idea è quella di raccontare cinque storie mettendole una dietro l’altra, nella buonissima idea di farne finire una dove inizia l’altra dando al film continuità e fluidità ma mantendo comunque una certa distanza di stile e contenuto tra episodi, eccezion fatta per il primo e l’ultimo, girati entrambi dai Radio Silence. L’idea è anche quella di costruire una mitologia basata su mostri scheletrici con le ali e strani avvenimenti diabolici e oscuri, senza che nessuno alla fine se ne faccia niente. Ma proprio niente eh, forse nessuno sapeva quello che stava facendo, ma non è questo il punto. Il punto è che:

  • i Radio Silence tirano fuori dei bei mostri e una ottima home invasion, fallendo però dal punto di vista narrativo riuscendo a raccontare esattamente nulla di quello che avrebbero dovuto. C’è sicuramente dell’ambizione, e l’apprezzo, ma non basta mica. Il loro corto finale è abbastanza bello finché non provano a spiegare una roba introdotta all’inizio, ed è un po’ frustrante vedere una bella cosa diventare brutta, anche se con degli effetti speciali piuttosto interessanti.
  • Roxanne Benjamin inquieta da morire con la sua band di ragazze che, nel deserto dove tutto è ambientato, si ritrovano costrette a cenare con dei pazzi usciti più o meno da Two Thousand Maniacs!. Attori e attrici sono i migliori del gruppone e l’atmosfera è azzeccatissima, ma quando il mistero viene svelato il fascino sparisce e quel che resta è un bel niente reso interessante da
  • David Bruckner che parte in quarta agganciandosi al finale dell’episodio e che, prevedibilmente, è l’unico capace di fare qualcosa di violento e gore che non sembri la caricatura di qualcos’altro. È un regista convincente, completo, in grado di iniziare qualcosa e finirlo, e abbiamo imparato a nostre spese che mica tutti sono capaci. Non è che faccia molto, poi, ma lo fa bene: tizio investe tizia e se la porta in braccio mezza rotta, sanguinante e in preda a spasmi mentre cerca un modo di salvarla. E il modo per salvarla vorrei lo scopriste da soli, ma dopo vi metto un’immagine giusto per farvi capire.
  • Horvath invece gira una schifezza che non ha senso di esistere. Inutile e noiosa, vorrebbe spiegare alcune delle cose che stanno succendo, perché sembrano tutti pazzi e figli fatti tra cugini e cose così da contadini, ma alla fine non si capisce niente, come già ho detto. Niente di niente. Vorrei ripeterlo: niente. Però coi bifolchi inbred se la gioca bene.

E quindi avete capito: Southbound è buono, ma non pazzesco. Ci sono almeno un corto molto bello e uno molto brutto. Tette non mi ricordo ma non credo. Sangue a raffica. Qualche vomitata. Gemelli inquietanti? Certo. Gente in maschera che te spiccia casa? Sì. Colonna sonora tutta synth? Figuriamoci se non. DJ alla radio? Larry Fessenden. C’è pure Jason Eisener al montaggio di non so cosa. Vale la pena? Secondo me sì, solo non aspettatevi nulla di eccezionale.

Così

Così

DVD-quote:

“Miglior sequenza in ospedale dai tempi di *film con sequenza in ospedale*”
Jean-Claude Van Gogh, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer


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